Villaggio ANIC (Ravenna)

http://dati.emilia-romagna.it/id/ibc/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/152096 entità di tipo: ArchitecturalOrLandscapeHeritage

progetto e costruzione - Il quartiere è realizzato dall'Anic S.p.A. (Azienda Italiana Idrogenazione Combustibili), attualmente Eni, a supporto dell’insediamento del polo petrolchimico per lo sfruttamento dei giacimenti metaniferi, sorto nella città ravennate a partire dall’acquisizione dei terreni contenenti i giacimenti nel 1955. Lo stabilimento si insedia in una zona paludosa sulla riva sinistra del fiume Candiano, altre due porzioni di territorio, confinanti con il cimitero, vengono invece destinate alla progettazione dell'abitato e dei servizi annessi. Nasce così il “villaggio Anic”, denominato dall'azienda “quartiere Ravenna Nord”, attualmente rinominato “quartiere di San Giuseppe operaio”. Il nucleo abitativo localizzato in zone periferiche, mostra la chiara volontà di separazione dalla città e di realizzazione di una fabbrica-città. Il quartiere è costituito da fabbricati organizzati in lotti, su progetto dell'architetto Mario Bacciocchi, autore di un insediamento analogo a Metanapoli per conto dell’ENI, di cui quello ravennate subisce numerose influenze. Il primo lotto ad essere realizzato è il “modulo Z”, collocato nelle immediate vicinanze dello stabilimento, che ospita gli impiegati tecnici e le loro famiglie A partire dal 1957 si procede ad una revisione del progetto che abbandonata l'idea di un insediamento vicino all'impianto di produzione, grazie ad una nuova acquisizione di aree per 45 ettari. Il villaggio assume le caratteristiche di un centro completamente autonomo, distante dallo stabilimento produttivo, in una zona a nord oltre la linea ferroviaria completamente isolata dalla città e raggiungibile solo dall'antica via Chiavica Romea. Il nuovo progetto viene affidato agli architetti milanesi Vito e Gustavo Latis. Il piano, presentato nel 1958, ha dimensioni maggiori rispetto al precedente. Pensato per ospitare circa quindicimila abitanti, troverà realizzazione solo in un primo nucleo, anche a seguito del confronto dei due progettisti con Ludovico Quaroni, che sta all’epoca lavorando alla stesura del nuovo piano regolatore. L’ulteriore revisione del progetto determina il frazionamento del quartiere in unità semi-autonome e interconnesse, da realizzarsi per fasi successive. Otto isole residenziali gravitano attorno al nucleo di servizi, mentre la viabilità di raccordo interna è affidata a una doppia carreggiata mitigata da un'ampia presenza di verde. La viabilità secondaria è affidata a una capillare disposizione di vie minori baricentriche rispetto la piazza, fulcro di tutto l’impianto. Sette tipologie edilizie combinabili tra loro rispondono all'esigenza di alloggiare i lavoratori operai distinti dalle residenze dei dirigenti, con altezze che variano dai due ai sei livelli. Solo una parte del primo nucleo viene completato tra il 1958 e il 1960 composto da circa quindici edifici residenziali di quattro livelli, riferibili a due modelli di aggregazione: a stecca e a unità con cortile. I primi cinque, realizzati con mattoni pieni faccia a vista, sono collocati parallelamente alla strada carrabile principale e raggruppati intorno alla centrale termica costruita appositamente per il quartiere. Questi edifici a stecca, con orientamento nord-sud, sono caratterizzati dalla giustapposizione di tre volumi: uno centrale con tetto piano suddiviso in logge e balconi aggettanti, i due laterali sollevati su pilasti, con la copertura a falda unica, che riprendono il motivo delle bucature di quello centrale con alcune variazioni. I restanti dieci, organizzati intorno a cortili, presentano tamponamenti intonacati, incorniciati dalla struttura in cemento armato messa in evidenza in facciata. Il piano terra destinato a portico coperto, e contenente le autorimesse, è messo in comunicazione attraverso camminamenti pedonali, agli ampi spazi verdi delle corti. Gli alloggi hanno finestre dotate di parapetto metallico, leggermente sfalsate nel livello intermedio, che tagliano il piano da trave a trave. Le coperture sono a due falde. Successivamente l'incarico di progettazione passerà nel 1960 a Edoardo Gellner, poi sostituito nel 1964, anno di conclusione del progetto, dagli architetti Marco Bacigalupo e Ugo ratti. Questi dotano il villaggio di residenze, servizi e scuole materna ed elementare: l'una demolita negli anni '90 e l'altra irriconoscibile a causa di successivi interventi.
Villaggio ANIC (Ravenna) 
1956-1963 
Bacigalupo Marco (progetto) 
Baciocchi Mario (progetto) 
Gellner Edoardo (progetto) 
Latis Gustavo (progetto) 
Latis Vito (progetto) 
Ratti Ugo (progetto) 
Sedich Carlo Maria (progetto) 
progetto e costruzione - Il quartiere è realizzato dall'Anic S.p.A. (Azienda Italiana Idrogenazione Combustibili), attualmente Eni, a supporto dell’insediamento del polo petrolchimico per lo sfruttamento dei giacimenti metaniferi, sorto nella città ravennate a partire dall’acquisizione dei terreni contenenti i giacimenti nel 1955. Lo stabilimento si insedia in una zona paludosa sulla riva sinistra del fiume Candiano, altre due porzioni di territorio, confinanti con il cimitero, vengono invece destinate alla progettazione dell'abitato e dei servizi annessi. Nasce così il “villaggio Anic”, denominato dall'azienda “quartiere Ravenna Nord”, attualmente rinominato “quartiere di San Giuseppe operaio”. Il nucleo abitativo localizzato in zone periferiche, mostra la chiara volontà di separazione dalla città e di realizzazione di una fabbrica-città. Il quartiere è costituito da fabbricati organizzati in lotti, su progetto dell'architetto Mario Bacciocchi, autore di un insediamento analogo a Metanapoli per conto dell’ENI, di cui quello ravennate subisce numerose influenze. Il primo lotto ad essere realizzato è il “modulo Z”, collocato nelle immediate vicinanze dello stabilimento, che ospita gli impiegati tecnici e le loro famiglie A partire dal 1957 si procede ad una revisione del progetto che abbandonata l'idea di un insediamento vicino all'impianto di produzione, grazie ad una nuova acquisizione di aree per 45 ettari. Il villaggio assume le caratteristiche di un centro completamente autonomo, distante dallo stabilimento produttivo, in una zona a nord oltre la linea ferroviaria completamente isolata dalla città e raggiungibile solo dall'antica via Chiavica Romea. Il nuovo progetto viene affidato agli architetti milanesi Vito e Gustavo Latis. Il piano, presentato nel 1958, ha dimensioni maggiori rispetto al precedente. Pensato per ospitare circa quindicimila abitanti, troverà realizzazione solo in un primo nucleo, anche a seguito del confronto dei due progettisti con Ludovico Quaroni, che sta all’epoca lavorando alla stesura del nuovo piano regolatore. L’ulteriore revisione del progetto determina il frazionamento del quartiere in unità semi-autonome e interconnesse, da realizzarsi per fasi successive. Otto isole residenziali gravitano attorno al nucleo di servizi, mentre la viabilità di raccordo interna è affidata a una doppia carreggiata mitigata da un'ampia presenza di verde. La viabilità secondaria è affidata a una capillare disposizione di vie minori baricentriche rispetto la piazza, fulcro di tutto l’impianto. Sette tipologie edilizie combinabili tra loro rispondono all'esigenza di alloggiare i lavoratori operai distinti dalle residenze dei dirigenti, con altezze che variano dai due ai sei livelli. Solo una parte del primo nucleo viene completato tra il 1958 e il 1960 composto da circa quindici edifici residenziali di quattro livelli, riferibili a due modelli di aggregazione: a stecca e a unità con cortile. I primi cinque, realizzati con mattoni pieni faccia a vista, sono collocati parallelamente alla strada carrabile principale e raggruppati intorno alla centrale termica costruita appositamente per il quartiere. Questi edifici a stecca, con orientamento nord-sud, sono caratterizzati dalla giustapposizione di tre volumi: uno centrale con tetto piano suddiviso in logge e balconi aggettanti, i due laterali sollevati su pilasti, con la copertura a falda unica, che riprendono il motivo delle bucature di quello centrale con alcune variazioni. I restanti dieci, organizzati intorno a cortili, presentano tamponamenti intonacati, incorniciati dalla struttura in cemento armato messa in evidenza in facciata. Il piano terra destinato a portico coperto, e contenente le autorimesse, è messo in comunicazione attraverso camminamenti pedonali, agli ampi spazi verdi delle corti. Gli alloggi hanno finestre dotate di parapetto metallico, leggermente sfalsate nel livello intermedio, che tagliano il piano da trave a trave. Le coperture sono a due falde. Successivamente l'incarico di progettazione passerà nel 1960 a Edoardo Gellner, poi sostituito nel 1964, anno di conclusione del progetto, dagli architetti Marco Bacigalupo e Ugo ratti. Questi dotano il villaggio di residenze, servizi e scuole materna ed elementare: l'una demolita negli anni '90 e l'altra irriconoscibile a causa di successivi interventi.  

risorse dalla linked data cloud

DATA

Licensed under Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)