"Autunno" (dipinto), Gandini Gino

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Gandini è allievo di Giorgio Morandi a Bologna e risente anche dell’influenza pittorica di Virgilio Guidi. Il segno delle sue opere "è nitido, essenziale, spoglio di qualsiasi retorica illustrativa”. (Gianni Cavazzini, in Squarza N., 1979, p. 13) La sua pittura è "depurata dalle epidermiche tentazioni illustrative, [imbastendo un] discorso d’immagine conteso tra linguaggio e invenzione, sintesi di fantasia e di esistenza” (op. cit., pp. 14-15) “Opera una graduale depurazione degli elementi descrittivi per affidare la sua voce ai registri di tonalità sommesse, di epidermidi sfumate verso la spazialità illesa dell’immagine. E’ un filtro lirico che si frappone tra la scontata evidenza illustrativa del paesaggio e la risonanza interiore dell’artista […] è un sentire per via di memoria, d’impronta sfumata, di sottili ombre evocative [con] la decantazione interiore la pittura di Gandini acquista una sua verità narrativa, una sua durata poetica […] ogni stagione si avvolge di una sua tonalità, che è una tonalità psicologica, un risvolto di pensieri trattenuti a tempo lungo e infine svelati nella parvenza allusiva di un colore.” (op. cit., p.16) Il colore chiaro è una dominante del lavoro di Gandini negli anni della maturità, così come lo è "il carattere di evocazione e di memoria che distingue le sue immagini di una realtà naturale restituita sul filo di un tenue viaggio mentale. E insieme al colore, la luce. Una luce che rade e inonda la sostanza labile del paesaggio, che avvolge i silenzi di una natura acquietata. La lezione di Guidi è certo alle origini di questa ricerca sulla luce che Gandini conduce con ferma e silenziosa coerenza.” (op. cit., p.17) Tralli della pittura dell'artista afferma che è “evocante suggestioni di tempo naturale, [...] paesaggi con i brividi d’una temperie desolata” dove egli sperimenta “ogni pur minima possibilità di amalgamo e perfezionamento. […] Accanto alla fervidissima produzione degli interni, dei nudini e dei ritratti, Gandini dà inizio a una serie di slargate visioni di neve, di alberi slabbrati, di case intravviste tra dossi e macchie di cespugli: il trionfo del quotidiano. Così, come in Morandi, niente figura umana, solo l’odore dell’uomo […] così che i paesaggi dell’uomo diventino suono interiore”. (Tralli F., 1975)
"Autunno" (dipinto), Gandini Gino 
paesaggio collinare in autunno 
sec. XX 
dipinto 
Gandini Gino (1912 -2002) 
tela/ pittura a olio 
Tralli F., Gandini, Bologna, Seledizioni, 1975 
bibliografia di confronto: Squarza N., Mostra di Gino Gandini, Reggio Emilia, Tipolitografia Emiliana, 1979 
bibliografia di confronto: Collina C., Il percento per l'arte in Emilia-Romagna. La legge del 29 luglio 1949 n. 717: applicazioni ed evoluzioni del 2% sul territorio, Bologna, Compositori, 2009 
Gandini è allievo di Giorgio Morandi a Bologna e risente anche dell’influenza pittorica di Virgilio Guidi. Il segno delle sue opere "è nitido, essenziale, spoglio di qualsiasi retorica illustrativa”. (Gianni Cavazzini, in Squarza N., 1979, p. 13) La sua pittura è "depurata dalle epidermiche tentazioni illustrative, [imbastendo un] discorso d’immagine conteso tra linguaggio e invenzione, sintesi di fantasia e di esistenza” (op. cit., pp. 14-15) “Opera una graduale depurazione degli elementi descrittivi per affidare la sua voce ai registri di tonalità sommesse, di epidermidi sfumate verso la spazialità illesa dell’immagine. E’ un filtro lirico che si frappone tra la scontata evidenza illustrativa del paesaggio e la risonanza interiore dell’artista […] è un sentire per via di memoria, d’impronta sfumata, di sottili ombre evocative [con] la decantazione interiore la pittura di Gandini acquista una sua verità narrativa, una sua durata poetica […] ogni stagione si avvolge di una sua tonalità, che è una tonalità psicologica, un risvolto di pensieri trattenuti a tempo lungo e infine svelati nella parvenza allusiva di un colore.” (op. cit., p.16) Il colore chiaro è una dominante del lavoro di Gandini negli anni della maturità, così come lo è "il carattere di evocazione e di memoria che distingue le sue immagini di una realtà naturale restituita sul filo di un tenue viaggio mentale. E insieme al colore, la luce. Una luce che rade e inonda la sostanza labile del paesaggio, che avvolge i silenzi di una natura acquietata. La lezione di Guidi è certo alle origini di questa ricerca sulla luce che Gandini conduce con ferma e silenziosa coerenza.” (op. cit., p.17) Tralli della pittura dell'artista afferma che è “evocante suggestioni di tempo naturale, [...] paesaggi con i brividi d’una temperie desolata” dove egli sperimenta “ogni pur minima possibilità di amalgamo e perfezionamento. […] Accanto alla fervidissima produzione degli interni, dei nudini e dei ritratti, Gandini dà inizio a una serie di slargate visioni di neve, di alberi slabbrati, di case intravviste tra dossi e macchie di cespugli: il trionfo del quotidiano. Così, come in Morandi, niente figura umana, solo l’odore dell’uomo […] così che i paesaggi dell’uomo diventino suono interiore”. (Tralli F., 1975) 
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